È ancora vivo in noi e lo resterà fino alla fine dei nostri giorni, quel bambino nato e cresciuto pian piano, in un turbine emotivo che gli ha permesso di arrivare all’età adulta senza quasi mai perdersi.
Si, perché lui nel tempo ha lasciato spazio alla vita adulta, ai cambiamenti fisici e di pensiero ma non ha mai avuto l’intento di andarsene.
Quel bambino non è solo una rappresentazione favolistica di un piccolo che cresce, gioca, ride e si diverte, sappiamo tutti che essere bambini è molto di più, essere bambini è imparare attraverso l’innocenza lasciandosi trasportare da tutto ciò che accade, facendo tesoro di ogni insegnamento.
Ed è così che siamo cresciuti, ad ognuno è stato insegnato qualcosa, persino ad avere paura, a doversi agitare, a dover temere del mondo, a sentirsi il cuore in gola, a non poter fare affidamento su qualcuno, a dover imparare che la vita è dura se non addirittura a dover lasciare, prima del previsto, la vita infantile per lasciar spazio a quella adulta.
Perché parliamoci chiaro, spesso da adulti parliamo dei bambini come se fossero degli esserini intenti a godersi la vita e così accade altrettanto spesso che ci dimentichiamo di guardare dentro di noi e capire che quello che si agita, quello che si diverte, quello che piange o quello che prova piacere è sempre lui, un bambino pieno di insegnamenti che ha fatto suoi e continua per tutta la vita ad emozionarsi e a reagire alla vita prendendo sempre le stesse strade.
Sarebbe bello ritornare a prendere contatto con questa parte di noi, da adulti prendere per mano quel bambino e dargli la possibilità di giocare se ne ha bisogno o di sognare, di essere coccolato e consolato e se serve anche rimproverato, è un po’ come dire che da grandi potremmo imparare a fare i custodi e i genitori di noi stessi, di quella parte di noi vivissima e forse così saremmo anche più pronti a prendere contatto con i bambini che incontriamo o addirittura con quelli che generiamo.
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